Tonitruante. Per la Treccani “che tuona, che fa il rumore di un tuono… riferito a persona che fa molto fracasso o parla con voce tonante”. Da Pericle al Peppone di Guareschi la vox politica era (è ancora?????) una voce maschile, proiettata, spesso tonitruante, appunto.
Ma, specie da un secolo in qua, eredi di Cleopatra, Maria de’ Medici e Caterina la Grande, si sono udite sempre più spesso voci femminili.
Come sono le “vocis feminarum in rei publicae” ?
La comunicazione politica è ormai diventata uno dei modi di spettacolo: un po’ teatrale, un po’ commerciale, tra la pubblicità e la cronaca sportiva, sorpassati i toni didattici, professorali, spesso piaciona, sempre più raramente sguaiata - ormai dovrebbe esserci venuta a nausea quest’ultima-. Ci sono assonanze e dissonanze. Ma soprattutto strategie comunicative.
Il modello della voce grave, mascolinizzata, è sempre stato una tentazione nella donna che lavora in genere. Rischio maggiore per la donna che di suo abbia una voce da contralto più che da soprano leggero. Nilde Jotti, Golda Meir, tra le altre, riuscirono ad evolvere in un tono caldo, brunito, ma nettamente femminile. Voci con meno esperienza diretta nella politica internazionale, pur con grandissima esperienza di dibattito culturale e politico faccia a faccia come allora usava, quali Adele Faccio o Tina Anselmi, mantennero un tono comune a molte professoresse di liceo, università, tipologia di voce ancora ben presente nelle politiche odierne per quanto ho ascoltato ultimamente. (Politiche elette, non opinioniste, abitanti dei talk show o giornaliste)
Nel PEVOC 2019 a Copenhagen, Elizabeth Ebbink tenne un workshop molto interessante proprio sul Vocal Power, confrontando le voci dei modelli maschili con le voci di donne come Merkel, Tatcher, ma anche Winfrey.
Dovrei aver ritrovato a questo link un pdf quasi completo https://www.wur.nl/upload_mm/6/0/d/d5e70f58-8569-446a-8ea7-f7e9067efbab_pdf%20english%20voice%20presentation.pdf
(E teniamo presente che, in questo PEVOC a Tallinn, Ebbink ha avuto il primo workshop in programma dopo l’apertura di Johan Sundberg…)
Bellissimo notare l’evoluzione della Tatcher, ed in parte della Merkel, ad una tonalità più piena, ma mai scura, sempre molto femminile e che mette bene in rilievo le sfumature prosodiche, anche nei momenti di dibattito più acceso, ma evita di scivolare involontariamente e sotto spinta emozionale nell’acuto stridulo, - rischio comune anche ad alcune voci maschili con l’invecchiamento - suono che dà inevitabilmente all’ascoltatore l’impressione di insicurezza, di perdita di controllo e distoglie da cosa si stia effettivamente dicendo.
Un esempio magistrale in questo, tornando alle mie memorie uditive, Indira Gandhi : una voce femminile, nitida, autorevole ma non arrogante, sicura ma non scostante, … molto simile a quella di Meryl Streep, a mio parere.
Anche voci più giovani nella nostra politica stanno mostrando evoluzioni personali: da chi sta abbandonando quelle tonalità stridule, che solo Rosa Russo Jervolino potè permettersi, alle molte che iniziano a correggere l’accento dialettale - le liste bloccate che ti candidano a 1000 km dal tuo “feudo originale” possono penalizzare accenti marcati - e da milanese apprezzo questo. Amo l’accento d’origine e tutti i dialetti che possiamo imparare, ma ritengo che una funzione pubblica, una voce pubblica, debba saper esprimersi con momenti di “voce italiana” quando opportuno o doveroso.
La caratteristica fondamentale della voce politica, di tutte le donne politiche che ho citato? L’articolazione chiara. Perciò sostegno del fiato, proiezione, rilassamento del vocal tract ed in toto tonicità della postura corporea e facciale, preparazione puntigliosa anche del più “improvvisato” dei discorsi, così da garantire naturalezza, padronanza di vocabolario e di accenti - qui intendo tonici e fonici- c’è sempre spazio per “parlare come la gente comune” : ma è essenziale che non sia il solo modo di parlare che conosci, se vuoi confrontarti con altri che potrebbero avere modi di “parlare comune” affatto diversi e non comprenderti, nel migliore dei casi. Nell’assedio dei telefonini non c’è perdono per il “mi hanno frainteso”. Se pure i toni possono essere concitati, ogni parola deve essere comprensibile e compresa anche in diverse condizioni di acustica ambientale.
Anche adesso, anche in questa scimmiottatura delle convention americane -ne avevamo bisogno?-, parlare in politica è diverso dal parlare nelle radio o in TV, dai reel su Instagram e le clip su Tik Tok. Piuttosto la vox politica deve adeguarsi ad usare anche quei canali mantenendo una sua identità. Anche candidate con lunghe esperienze in voce di spettacolo, di giornalismo, di aule non possono più usare le voci troppo consumate dal fumo o un po’ “sopra le righe”, le parole smangiate, le finali sempre in acuto o ingolate a sparire, vanno adeguate nella comunicazione politica odierna, che dà spazi minimi per concetti massimi.
Altrimenti il rischio di sembrare la candidata a Miss Universo è sempre latente.
Un grande suggerimento per l’efficacia della voce politica ci viene dall’eterna Franca Valeri : “Io lotto per l’ironia nella donna, che mi sembra una conquista importante”.
Che oltre la voce ci sia di più.
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